Storia e cultura
Vitaliano Brancati

          

"Brancati è lo scrittore italiano che meglio ha rappresentato le due commedie italiane, del fascismo e dell'erotismo in rapporto tra loro e come a specchio di un paese in cui il rispetto della vita privata e delle idee di ciascuno e di tutti, il senso della libertà individuale, sono assolutamente ignoti".
L. Sciascia

          

Vitaliano Brancati, scrittore, sceneggiatore e drammaturgo, è nato a Pachino il 24 luglio 1907.
Dal 1910 al 1919 visse a Modica, ma nel 1920 la famiglia si trasferì a Catania dove, nel 1922, lo scrittore aderì al Partito Nazionale Fascista.
Nel 1929 si laureò in Lettere con una tesi su Federico De Roberto e in seguito si trasferì a Roma dove, oltre insegnare, iniziò a scrivere per «Il Tevere» e in seguito per il settimanale letterario «Quadrivio».
Di questo primo periodo della sua vita sono le opere di ispirazione fascista Fedor (1928), Everest (1931), Piave e il romanzo L'amico vincitore (1932) primo tentativo di scrittura satirica ispirato alla piccola borghesia siciliana.
L'incipit del romanzo -“Modica era una piccola città della Sicilia, nella quale i giovani del paese si recavano per compiere gli studi liceali”- è un atto d'amore verso la città in cui lo scrittore frequentò le scuole superiori.
La conoscenza con Alvaro, Moravia e altri lo aiutò ad abbandonare l'ideologia fascista.
Tornato a Catania riprese ad insegnare e a collaborò al settimanale «Omnibus» di Leo Longanesi fino al 1939, anno in cui fu soppresso dal regime.
Nel 1934 scrisse Singolare avventura di viaggio, che venne sequestrato dalla censura fascista per immoralità.
Si dedicò all’insegnamento fino al 1941, quando tornò a Roma e pubblicò Gli anni perduti, il suo primo vero romanzo, in cui appare chiaramente il distacco dall’ideologia fascista e il rammarico verso la realtà del suo tempo.
Nel 1941 pubblicò Don Giovanni in Sicilia, romanzo di satira al gallismo siciliano.
Nel 1942 conobbe l’attrice Anna Proclemer che nel 1947 sposò e da cui ebbe la figlia Antonia.
Nel 1944 pubblicò sulla rivista «Aretusa» Il vecchio con gli stivali.
Nel 1946 Brancati si stabilì definitivamente a Roma e nel 1949 pubblicò a puntate, sul settimanale «Il mondo», il romanzo Il bell’Antonio, racconto tragicomico di un'impotenza sessuale metafora della crisi e del fallimento del regime fascista.
Il romanzo nel 1950 vinse il Premio Bagutta.
Nel 1952 la censura, dopo aver già sequestrato nel 1934 Singolare avventura di viaggio, vietò di rappresentare uno dei suoi migliori lavori teatrali, La governante, dramma di un'omosessualità femminile, pieno di accenti polemici contro l’ipocrisia dei benpensanti cattolici, il filocomunismo borghese, i principi della Sicilia baronale e contro la censura stessa.
La Governante è andata in scena per la prima volta a Parigi nel 1963 e in Italia solo nel 1965.
Nel ’55 venne pubblicato, rispettando le sue ultime volontà, il romanzo incompiuto Paolo il caldo, con prefazione di Alberto Moravia, storia di un'ossessione erotica alla quale fa da sfondo un'acuta analisi dell'Italia del dopoguerra.
Brancati lavorò molto anche per il cinema ed è del 1960 il film Il bell’Antonio, di Mauro Bolognini, con Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale -trasposizione cinematografica del romanzo- e del 1973 Paolo il caldo, interpretato da Giancarlo Giannini e Ornella Muti.
Separatosi dalla moglie nel 1953, morì a Torino il 25 settembre 1954 in seguito ad una operazione per svuotare una ciste benigna che si era ingrossata a dismisura.

Io non dirò che sono innamorato del popolo siciliano,
ma ne sono senz'alcun dubbio amico, parente e ammiratore...
Vitaliano Brancati : di Gianni Bonina direttore di "Stilos", il supplemento letterario della "Sicilia".
Molti anni dopo, davanti alla Torre panoramica di Natàca, Vitaliano Brancati si sarebbe ricordato di quel pomeriggio in cui suo nonno lo aveva portato a vedere il vento: nella piazza grande di Pachino s'era incantato a guardargli la barbetta grigia volgere a destra e a manca sotto la sferza dello scirocco, che - lo sanno tutti in paese - ha il potere di trasfigurare il mondo.
E a quel vento Brancati leverà invocazioni per tre giorni perché disperda la chimera di una comitale baldanza facendo del sogno di un fandango il segno degli "anni perduti" di una generazione ipotecata dal fascismo, priva di "piaceri" e spinta a vagheggiare progetti sciocchi e impossibili.
E il vento, cui Brancati dirà legata "in un modo molto intimo" la sua infanzia, diventerà una ventata che con la forza della novità abbatterà la superfetazione del regime, nata sulla coscienza morale e civile dell'Italia.
Di Pachino, "posta su di un'altura battuta dal vento di due mari, che spazza continuamente il paese e fa brillare i ciottoli come diamanti", Brancati ricorderà il fanciullino che dal "tondo", tenendo stretta la mano del nonno, guardava in mare l'Isola delle Correnti dove le acque turbinavano sfrangiandosi come due fiumi contrari mentre uguali correnti aeree mulinavano attorno accendendogli il volto e dando al paesaggio "l'aspetto liscio, il colore rosso, che hanno i luoghi battuti senza posa dal vento".
Nel paese il cui etimo fenicio designa appunto una "quantità di vento" il tramontano e lo scirocco colorano le facce di gente nata per offrire alle spire chi una guancia chi un'altra, a misura che il proprio credo inclini a nord o a sud: gente riunita all'incrocio di Europa e Africa, dove i venti "si azzuffano e rincorrono"; gente che Brancati ricorda di "sogni gravi e felici" grazie all'aria "vinosa e densa" che il mosto affida alle spore del "selvaggio Simun, il vento che ha suggerito agli uomini le più belle poesie e i più bei pensieri del mondo" e che rallenta la vita, una ragione in più per amarlo; gente che ha due volti quanti sono i venti, freddo e caldo, ed è fatta dunque per la scena.
Sicché teatro non a caso diventa alla fine Pachino perché ha innervato in Brancati la sua prima vena comica.
Maria Brancati, cugina di secondo grado, ricorda oggi la volta in cui lo scrittore ormai affermato venne a Pachino, lei bambinetta, in visita alla tomba dell'amatissimo nonno paterno dal bel pizzo grigio: "Non lo vidi ridere una sola volta.
Sentivamo alla radio 'La signora di trenta anni fa' e lui disse che era la canzone di uno smemorato".
Quel giorno Brancati andò a Pachino anche per un'altra ragione: la cisti che gli si era ingrossata nel torace s'era fatta visibile anche con la giacca e parlare con il padre di Maria che era medico poteva giovare a prendere decisioni.
Rosario Brancati lo rassicurò circa la natura benigna della tumefazione e gli suggerì di farsi vedere anche da un altro lontano cugino, Raffaele Brancati, un oncologo che a Marzamemi aveva messo su un centro di ricerca sul cancro.
Gli fu consigliata da entrambi un'asportazione parziale perché la cisti pesava sul cuore e avrebbe potuto determinarne scompensi durante l'intervento. Ma Vitaliano volle ascoltare l'amico chirurgo Dogliotti e si mise nelle sue mani.
Non disse nulla alla famiglia perché era convinto che delle malattie non bisogna parlare dal momento che, come i bambini, se si vedono osservati si ringalluzziscono.
Però volle fare testamento.
Il fratello Corrado, appresa la data dell'operazione, lo raggiunse a Torino dicendogli di essere venuto per vedere la Juventus.
Prima di entrare in sala operatoria Brancati vede da un balcone passare il tram numero 12 e pensa a un segno augurale.
Solo la moglie, Anna Proclemer, affacciata accanto a lui, legge che è diretto al cimitero.
È il 25 settembre del '54: cinquant'anni fa esatti.
Proclemer, oggi ottantenne, non è mai andata una sola volta a Pachino e, nei sette anni di effimero matrimonio, lasciò che fosse lui a partire da solo sull'eco di lettere in cui si dichiarava perdutamente siciliano:
"Al Sud appartengo interamente e ne sono il più pazzo e avvelenato figliolo"; oppure:
"Domani parto per Pachino a bere la medicina che i libri consigliano: il cosiddetto bicchiere di aria natia".
La figlia Antonia, per sua stessa ammissione, si è invece legata a Pachino perché è più una Brancati che una Proclemer e c'è tornata molte volte per incontrare anche i parenti del padre.
Recentemente ci è andata solo per assistere a una rappresentazione amatoriale della Governante, la commedia scritta da Brancati per la moglie.
Antonia non ha più trovato però la casa di via Lincoln dove la nonna paterna "diventò pallida per i primi atroci dolori" del parto una sera di luglio del 1907.
Al suo posto è sorta una banca.
E in via Garibaldi la farmacia del prozio Corrado è sparita per fare posto a una boutique.
Della sua tragedia in versi, letta a un cugino corso nottetempo da lui per un anodino e caduto in un sonno profondo a sentire declamare endecasillabi per un'ora, non si è trovato un solo frammento.
Né è mai stato visto l'architetto che Brancati aspettava perché facesse di Pachino "il più bel paese del Sud".
Ma nelle notti di vento si vede ancora oggi in cielo un enorme fantasma levato in alto dalla polvere che poi si dirada lasciando uno scintillio uguale a quello che guardava Nuzzu con la mano tenuta dal nonno.
Vedendo soffiare il vento impetuoso e imperioso di Pachino, come un aruspice leggeva in esso i segni del destino.
E un giorno ne farà l'elemento attivo della propria dottrina morale:
"Sugli uomini soffia quello stesso vento che fa correre le nuvole; tu non lo senti mai, tranne che nei momenti in cui esso cerca di strapparti, come una foglia, dal ramo dell'onestà, della tranquillità, della famiglia, della vita; e tu capisci che il vento batte solo su di te, e non sul ramo, e che già fai la ruota sul grembo, e fra poco l'albero rimarrà dietro di te, e Dio sa fino a quando, e tu solo volerai chissà dove col vento".

Storia e cultura

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    Vitaliano Brancati (Pachino, 24 luglio 1907 - Torino, 25 settembre 1954) è stato uno scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e saggista italiano.

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    Salvatore Quasimodo (Modica, 20/9/1901 - Napoli, 14/6/1968) è stato un poeta italiano, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959.